Cantare la Dossologia a Dio

by Stephen Davey Scripture Reference: Romans 16:25–27

Thomas Ken fu un pastore, professore e autore che servì il Signore in Inghilterra verso la fine del Seicento. Spesso scriveva inni per la sua congregazione e per i suoi studenti, che incoraggiava a cantare durante i loro momenti devozionali con il Signore.

Molti degli inni del pastore Ken erano molto più lunghi di quelli a cui siamo abituati oggi. Gli inni moderni hanno tipicamente quattro strofe—e di solito saltiamo la terza. Mi sono spesso chiesto perché qualcuno si sia mai preso la briga di scrivere una terza strofa, visto che raramente la cantiamo.

Ebbene, uno degli inni di Ken si intitolava Morning Hymn—“Inno del Mattino.” Aveva ben quattordici strofe, se potete immaginarlo. Forse pensava che non fosse ancora abbastanza lungo, perché vi aggiunse una strofa finale che diceva così:

Loda Dio, da cui ogni ben discende;
Lodatelo, creature qui presenti;
Lodatelo nei cieli, schiere celesti;
Loda Padre, Figlio e Santo Spirito.

Oggi, i cristiani di tutto il mondo non conoscono le sue quattordici strofe, ma riconoscono quest’ultima. La chiamiamo “la Dossologia.”

Il termine “dossologia” deriva dalla parola greca doxa. In origine significava semplicemente “opinione.” In altre parole, la tua opinione su qualcuno era la tua doxologia verso quella persona.

Col tempo, doxa è venuta a significare la reputazione di qualcuno. Alla fine, ha assunto il significato di onore o gloria attribuiti a una persona. E naturalmente, l’unico che merita tutta la doxa—tutta la gloria e l’onore—è il nostro Dio vero e vivente, grande e glorioso.

L’apostolo Paolo conclude questa magnifica lettera alla chiesa di Roma con una dossologia, qui in Romani 16. Sta dicendo in sostanza: “Ascoltate, questa è la mia opinione di Dio, e dovrebbe essere anche la vostra.”

Paolo ci dà diverse ragioni per cui dovremmo unirci a lui nel cantare questa dossologia. Ecco la prima: Dovremmo dare gloria a Dio per il Suo vangelo. Egli scrive al versetto 25: “A colui che vi può fortificare secondo il mio vangelo e la predicazione di Gesù Cristo.”

In greco, la frase “a colui che può” è una sola parola: dunamai, derivata da dunamis, che significa “potenza.” Da essa derivano le parole italiane “dinamico” e “dinamo,” e persino l’inglese “dynamite.” Paolo sta dicendo: “A Colui che è potentemente, dinamicamente capace di fortificarci per la Sua gloria!”

La parola usata per “fortificare” è anch’essa interessante: sterizō, che significa “rendere stabile, rafforzare.” I credenti di Roma erano noti per la loro fede, ma non ancora del tutto saldi nella fede. Ma Paolo li incoraggia dicendo che Dio è in grado di fortificare la loro fede. Sterizō ci ha dato la parola “steroidi.” Dio è in grado di sviluppare i muscoli spirituali della nostra fede e fiducia in Lui.

Diletti, Dio può fare in voi ciò che voi non potete fare da soli. Anche quando siete deboli, Dio è all’opera nella vostra vita; anche quando lottate, Dio sta sviluppando forza in voi, man mano che giorno dopo giorno vi affidate a Lui.

Ma come ci fortifica Dio? Qual è il Suo programma di esercizio spirituale? Paolo risponde nella frase successiva, sempre al versetto 25: è tramite “il vangelo e la predicazione di Gesù Cristo.”

Come si diventa forti nella fede? Predicando il vangelo a se stessi ogni giorno. Ricordandosi le verità della Scrittura e mantenendo il proprio sguardo fisso su Gesù e sul vangelo della salvezza per mezzo di Cristo soltanto.

Dunque, cantiamo questa dossologia. Cantiamo gloria a Dio per il Suo vangelo.

Secondo, dovremmo cantare gloria a Dio per la Sua rivelazione. Paolo scrive:

“Secondo la rivelazione del mistero che fu tenuto nascosto per lunghi secoli, ma che ora è rivelato e, mediante le Scritture profetiche, secondo il comandamento dell’eterno Dio, è fatto conoscere a tutte le nazioni per condurle all’ubbidienza della fede.” (vv. 25-26)

Qual è questo “mistero” di cui parla Paolo? Quando sentiamo la parola “mistero,” pensiamo a qualcosa di oscuro o pericoloso. I romanzi gialli sono spesso cupi e inquietanti.

Ma non è questo il significato che Paolo intende. La parola greca musterion non si riferisce a qualcosa di oscuro o minaccioso, ma semplicemente a qualcosa che non era ancora stato rivelato fino a che Dio non l’ha manifestato.

Il Nuovo Testamento rivela molte verità che i credenti e i profeti dell’Antico Testamento non conoscevano—verità che sono state svelate con la venuta di Cristo. Oggi abbiamo una rivelazione completa: la Bibbia. Il Nuovo Testamento ci rivela e ci spiega il mistero del regno di Dio che viene (Marco 4:11); il mistero della chiesa, la sposa di Cristo (Efesini 5:32); e il mistero di Cristo che dimora nei credenti (Colossesi 1:27).

Ma qual è il mistero specifico di cui parla Paolo qui in Romani 16? L’ha già rivelato in Efesini 3:6:

“Questo mistero è che gli stranieri sono eredi con noi, membra con noi di un medesimo corpo, e partecipi con noi della promessa fatta in Cristo Gesù mediante il vangelo.”

Il mistero profondo del vangelo è l’inclusione dei Gentili (cioè la maggior parte di noi!) nella famiglia di Dio.

Questo mistero è stato pienamente rivelato, come Paolo spiega al versetto 26:

“[Esso] è fatto conoscere a tutte le nazioni… per condurle all’ubbidienza della fede.”

Sta dicendo che la verità è stata svelata—il messaggio è pubblico, e sta raggiungendo il mondo intero! La porta della salvezza è aperta a tutti! Nessuno è escluso dall’invito di Dio.

E per coloro che accettano l’invito a seguire Cristo, Paolo scrive che questo porta all’“ubbidienza della fede.”

Non fraintendete. La salvezza viene per mezzo della fede in Cristo, a prescindere dalle opere; ma è certo che la fede produrrà opere buone in noi e attraverso di noi. I Riformatori del sedicesimo secolo dicevano così: “Siamo salvati per sola fede, ma la fede salvifica non è mai sola.” In altre parole, la fede autentica si manifesta nella vita.

Infine, c’è un’ultima strofa in questa dossologia di Paolo: Dobbiamo cantare gloria a Dio per la Sua supremazia.

Paolo scrive in questo ultimo versetto: “A Dio, unico in sapienza, sia la gloria nei secoli dei secoli, per mezzo di Gesù Cristo. Amen.”

Stiamo cantando a “Dio, unico in sapienza.” E lasciatemi dire che quella piccola parola “unico” è importantissima. Tutti gli altri “dei” che il mondo adora oggi sono solo statue, ceppi, rocce, animali o concetti astratti come “madre natura.” C’è un solo vero e vivente Dio. C’è un solo vero Signore e una sola fede (Efesini 4:5).

Paolo sta cantando e ci invita a cantare con lui questa dossologia al Dio unico—il Sovrano supremo dell’universo. È l’unico che esiste. E lasciatemelo dire, diletti, è l’unico di cui abbiate mai bisogno—l’unico che può salvarvi e dare senso alla vostra vita.

Come possiamo conoscerLo? Paolo dice qui al versetto 27: “per mezzo di Gesù Cristo.”

E con ciò arriva il crescendo di questa grande dossologia. Paolo conclude cantando a questo unico Dio sapiente: “A lui sia la gloria nei secoli dei secoli!” Sapete cosa significa? Che questa dossologia non avrà mai fine. Canteremo, loderemo, onoreremo, adoreremo e serviremo il nostro Dio per tutta l’eternità.

Paolo aggiunge un’ultima parola: “Amen.” Significa: “Così sia,” o “questa è verità.” E davvero lo è.

E con questo, si conclude il nostro viaggio della saggezza attraverso il libro dei Romani—e che viaggio meraviglioso è stato.

Conclusione:
Paolo conclude in modo appropriato la sua epistola fondamentale ai Romani con una dossologia—una lode al Dio di ogni sapienza, verità, onore e benedizione eterna. Uniamoci a lui nel lodarLo con le nostre labbra e con le nostre vite.

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