La parte di Dio e la nostra parte

by Stephen Davey Scripture Reference: Romans 10:14–15

Mentre rientriamo nel capitolo 10 di Romani, ci troviamo davanti a uno dei brani più coinvolgenti di tutta la Scrittura. E potrebbe sembrare in contraddizione con quanto abbiamo letto nel capitolo 9 riguardo alle dottrine dell’elezione e della predestinazione. In quel capitolo sembrava che tutto dipendesse unicamente da Dio, che sceglie chi crederà. Ma ora, nel capitolo 10, sembra che l’uomo debba fare una scelta personale.

Come possiamo risolvere un paradosso del genere? La verità è che non possiamo, perché non siamo in grado con le nostre menti finite. La Scrittura insegna sia la volontà di Dio sia la volontà dell’uomo; alcuni passaggi enfatizzano una, altri l’altra.

E se ci fosse ancora qualche dubbio sul fatto che l’uomo debba prendere una decisione personale per la salvezza, Romani 10 lo chiarisce definitivamente. Paolo scrive al versetto 13: “Chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato.”

A volte mi viene chiesto: “Come faccio a sapere se sono uno degli eletti?” La risposta è semplice: hai invocato il nome del Signore per essere salvato?

Dopo il versetto 13, Paolo comincia a porre delle domande per sottolineare la nostra parte nella salvezza. Le prime due domande riguardano la risposta dell’incredulo al vangelo. Paolo chiede al versetto 14:

“Come dunque invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare?”

In altre parole, gli increduli hanno bisogno di conoscere il vangelo prima di poter invocare Dio con fede. Devono sentire il vangelo—devono sapere cosa credere e in chi credere per poter essere salvati.

Queste prime domande, dunque, riguardano la risposta dell’incredulo. Le due successive invece toccano la responsabilità del credente.

Paolo continua alla fine del versetto 14: “E come udiranno, se non c’è chi predichi?” Questa è la responsabilità di ogni cristiano.

Permettimi di fermarmi un attimo per sottolineare, carissimo, che Paolo non sta facendo un appello alle missioni estere o ai missionari a tempo pieno. Certo, anche loro sono inclusi, e Paolo ne parlerà dopo. Ma qui Paolo sta puntando il dito verso ogni cristiano.

Non possiamo semplicemente mettere qualche soldo nel cestino delle offerte e dire: “Adesso voi, leader della chiesa, andate a trovare qualcuno che lo faccia.” Oh no. Non possiamo comprare la nostra via d’uscita dal Grande Mandato. La responsabilità di comunicare il vangelo al nostro mondo è affidata a tutti noi.

Ti dico la verità: il cristiano medio oggi non ha mai comunicato verbalmente la propria fede ai colleghi di lavoro, ai compagni di scuola o ai vicini. È come se Paolo ci stesse sfidando, dicendo: “Nessuno sarà mai salvato semplicemente osservandoti—non importa quanto duramente lavori, quanto onesto o quanto devoto tu sia.” Tutte queste sono cose importanti, ma il tuo stile di vita può dimostrare la tua fede; non può però trasmettere i fatti della tua fede. A un certo punto, devi comunicare chiaramente il vangelo.

E Paolo non sta dicendo che dobbiamo lasciare il nostro lavoro per diventare predicatori. La parola greca che usa qui al versetto 15 per “predicare” ha un significato molto più ampio rispetto a un sermone formale dal pulpito. Vuol dire annunciare, proclamare, comunicare il vangelo.

Mi viene in mente Edward Kimball come esempio di questo tipo di predicatore. Era un calzolaio, e si offrì volontario per insegnare nella scuola domenicale della sua chiesa a Chicago, nei primi anni del 1800. Aveva un cuore per i ragazzi delle strade difficili della città.

Grazie al suo impegno, un giovane di nome D. L. Moody accettò Cristo e crebbe fino a diventare un predicatore e pastore a tempo pieno. Nel 1879, Moody portò al Signore un giovane di nome F. B. Meyer, anch’egli destinato a diventare un predicatore famoso, usato da Dio per raggiungere migliaia di persone. Meyer portò a Cristo un giovane chiamato J. W. Chapman, il quale a sua volta divenne un predicatore e, un giorno, portò a Cristo un giocatore di baseball americano di nome Billy Sunday.

Billy Sunday predicò il vangelo a oltre un milione di persone sotto grandi tendoni. Durante una sua campagna a Charlotte, North Carolina, ci fu una risposta così grande che le riunioni furono prolungate. Sunday chiamò un amico a predicare una sera. Il suo nome era Mordecai Ham.

Quella sera, mentre Mordecai Ham predicava, un adolescente accettò Cristo. Si chiamava Billy Graham.

Queste sei persone, tramite le quali milioni hanno udito il vangelo, risalgono spiritualmente a un uomo che non era un pastore, ma un calzolaio. Edward Kimball sapeva che fare il calzolaio era ciò che faceva per vivere—ma vivere per Cristo e condividere il vangelo era la sua vera vocazione.

Poi, con la quarta e ultima domanda, Paolo chiede: “E come predicheranno se non sono mandati?” (versetto 15). Qui Paolo finalmente indica la chiesa—ogni chiesa fedele alla Parola di Dio. La chiesa oggi ha in gran parte dimenticato che la sua missione non è quante persone può accogliere, ma quante può inviare!

Nel mio paese, qui in Nord America, l’80% della crescita della chiesa avviene per trasferimento—cioè, persone che lasciano una chiesa per andare in un’altra. La chiesa in realtà non sta crescendo; si sta solo spostando. Alcuni preferiscono la musica in un’altra chiesa e ci vanno; altri preferiscono le predicazioni altrove e ci vanno; altri ancora amano le attività per bambini da un’altra parte e ci vanno.

Oggi abbiamo perfino un termine per questo: “church hopping”—saltare da una chiesa all’altra. Nella chiesa che ho pastoreggiato per tanti anni, la metà delle persone presenti non è mai diventata membro; sono solo lì per un periodo, prima di spostarsi di nuovo.

Paolo vuole lasciarci con una compassione più profonda per il mondo e una passione più intensa per l’opera della chiesa locale. Dobbiamo essere uniti e impegnarci in modo sacrifi­cale a condividere il vangelo nella nostra comunità—e anche a donare in modo sacrifi­cale, affinché altri possano essere inviati in tutto il mondo per annunciare il vangelo.

Allora, come possono credere se non hanno mai sentito parlare di Lui? Come potranno mai udirne parlare, se nessuno glielo annuncia? E infine, come potranno annunciare il vangelo, se la chiesa non li manda, non li sostiene, non prega per loro?

Stiamo formando discepoli pronti a evangelizzare non solo chi vive oltre oceano, ma anche chi abita dall’altra parte della strada?

È come se Paolo ci stesse chiedendo: “Ci importa davvero del nostro ruolo nella missione di Dio e nel vangelo di Cristo?”

Se sì, non ignorare questa meravigliosa lode che Paolo riporta alla fine del versetto 15: “Quanto sono belli i piedi di quelli che annunciano buone notizie!

Allora… quanto sono belli i tuoi piedi? E i miei?

Chiediamo al Signore di accrescere la nostra compassione per il mondo e la nostra passione per la Sua opera! Non accontentiamoci mai del silenzio; ma ovunque Dio ci abbia collocati per vivere, lavorare, studiare o divertirci, chiediamogli occasioni per parlare—per comunicare—affinché il nostro mondo possa udire, comprendere e, per la grazia di Dio, invocare il nome del Signore per essere salvato.

Conclusione:
Il vangelo di Gesù Cristo è un messaggio semplice. Tutto ciò di cui ha bisogno è di messaggeri semplici e fedeli, come noi, disposti a comunicarlo al nostro mondo.

 

Add a Comment

Our financial partners make it possible for us to produce these lessons. Your support makes a difference. CLICK HERE to give today.