La grazia giustifica il peccato?

by Stephen Davey Scripture Reference: Romans 6:1–2

Lascia che ti faccia una domanda oggi: la grazia di Dio è una scusa per continuare a peccare? Questa non è una domanda nuova. Duemila anni fa, i primi cristiani si ponevano lo stesso interrogativo.

Siamo arrivati al capitolo 6 di Romani, dove Paolo formula la domanda in questo modo al versetto 1: “Che diremo dunque? Continuiamo nel peccato affinché la grazia abbondi?”

Nel capitolo 5, Paolo aveva scritto: “dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata” (versetto 20). Una buona parafrasi potrebbe essere: “dove il peccato si è accumulato, la grazia lo ha sommerso comunque!” In altre parole, quanto più grande è il peccato, tanto più grande è la grazia di Dio!

E questo è vero. Ma Paolo sapeva che qualcuno avrebbe detto: “Beh, allora posso continuare a peccare, perché la grazia continuerà a crescere!”

Questa prospettiva, tra l’altro, ha dato origine a una falsa dottrina che oggi chiamiamo antinomismo—la convinzione che, poiché Dio è glorificato nell’esprimere i Suoi attributi, e poiché uno dei Suoi attributi è la grazia, e poiché la Sua grazia si manifesta quando pecchiamo, allora pecchiamo pure, così la grazia sarà magnificata. Non abbiamo bisogno di obbedire ai comandamenti di Dio.

Ecco dunque di nuovo la domanda: la grazia di Dio giustifica il peccato praticato? L’antinomismo sostiene non solo la libertà dal peccato, ma anche la libertà di peccare. Molti troveranno piacevole una religione così.

Ecco la risposta di Paolo al versetto 2: “Così non sia!” Potremmo tradurlo: “Lungi da noi!” (Nuova Riveduta) o “Dio non voglia!” (Diodati). Si potrebbe anche tradurre: “Non osare nemmeno pensarci!” È quello che mia madre avrebbe detto quando ero bambino: “Stephen, non ti azzardare nemmeno a pensarci!”

Paolo prosegue spiegando: “Noi che siamo morti al peccato, come vivremmo ancora in esso?” Con questa domanda, Paolo ci spinge a porci due domande che dovrebbero farci fermare immediatamente prima di percorrere una via che perverte il vero significato della grazia di Dio. Poniti queste due domande quando sei tentato di peccare:

  • Prima: hai dimenticato cosa ti è successo alla conversione?

  • Seconda: hai dimenticato a chi appartieni ora come cristiano?

Quando dunque Paolo dice: “Noi che siamo morti al peccato, come vivremmo ancora in esso?” sta chiedendo: “Hai dimenticato cosa ti è accaduto? Hai dimenticato che sei morto al peccato? Non vuoi più vivere peccando ad ogni occasione—sei morto a quella vecchia vita!”

Ma cosa intende Paolo dicendo che siamo morti al peccato, se ancora lottiamo con esso? Facciamo fatica a obbedire, e quella fatica comincia già da piccoli.

Ricordo di aver visto un programma televisivo dove si osservavano bambini tentati. Uno alla volta venivano portati in una stanza e fatti sedere. Un adulto metteva davanti a loro un piatto con delle caramelle e diceva: “Devo assentarmi un attimo. Non mangiare nulla. Quando torno, potrai avere quante caramelle vuoi.” Poi l’adulto usciva, e le telecamere registravano la battaglia interiore del bambino.

Una bambina fissava il piatto e poi, come se non ce la facesse più, si copriva gli occhi con le mani. Un altro bambino, seduto lì a muoversi nervosamente, cominciò a cantare ad alta voce, forse per distrarsi. Un altro ancora si alzò e si mise in un angolo, il più lontano possibile dal piatto, parlando tra sé.

Non era una cattiva idea—alzarsi e allontanarsi. Ma i peccatori originali, Adamo ed Eva, non si allontanarono dalla tentazione. Ci si avvicinarono e ne presero un morso. Da allora, il peccato è entrato nella razza umana.

Ma perché continuiamo a lottare con il peccato anche dopo essere stati salvati? Come possiamo lottare contro qualcosa se siamo morti ad esso, come scrive Paolo?

Dobbiamo tornare a Romani 5:21, dove Paolo scrive: “affinché, come il peccato ha regnato nella morte, così anche la grazia regni per la giustizia a vita eterna, mediante Gesù Cristo nostro Signore.” In altre parole, siamo morti al dominio del peccato, in Cristo. Il termine “regnare” significa “potere, o controllo.”

Il regno del peccato è ciò che controlla le persone prima che vengano a Cristo. Il loro padrone è il peccato. Il regno della grazia prende invece il sopravvento quando credono in Cristo.

Pensa di essere su una nave pirata. Il capitano è un uomo malvagio che ti ha catturato durante un raid. Ti comanda come fossi un animale. Ma poi il tuo governo invia una nave, che sconfigge quella dei pirati e ne prende il controllo, liberando te e gli altri prigionieri. Il nuovo ufficiale incatena il vecchio capitano sotto coperta, e la nave riparte verso casa. Ma durante il viaggio, il vecchio capitano ti grida ordini da sotto, continua a minacciarti. Ora, puoi obbedirgli se vuoi, ma non sei obbligato. Perché? Perché non è più il tuo capitano. Non devi più obbedirgli.

Quindi, quando sei tentato di peccare, non dimenticare cosa ti è successo. Paolo lo dice così in Colossesi 1:13: “[Dio] ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio.”

Ecco di nuovo la seconda domanda di Paolo: Hai dimenticato a chi appartieni ora come cristiano? Al versetto 2 scrive: “Noi che siamo morti al peccato, come vivremmo ancora in esso?” Nel greco originale, Paolo lo sottolinea così: “Come potremmo noi, essendo chi siamo, vivere ancora nel peccato?” Anche se pecchiamo, non vogliamo più peccare, perché non ci sentiamo più a casa nel peccato. Non apparteniamo più a quel mondo.

Una volta avevamo un cane di nome Patches. L’avevamo presa cucciola, ed è cresciuta insieme ai nostri quattro figli. A volte Patches riusciva a scappare nel pascolo oltre la recinzione del nostro giardino, dove il contadino faceva pascolare i cavalli. Immancabilmente, trovava la prima pila di letame secco e ci si rotolava dentro. Le piaceva da morire. Credo che Patches avesse qualche problema serio. Ma la verità è che i cani amano certe cose!

Fratelli, se una persona dice di essere cristiana ma vuole rotolarsi nel peccato, e lo fa con gioia, non lo fa per mostrare la grazia di Dio. No, ama l’impurità del peccato, e ciò rivela che probabilmente non è mai stata davvero salvata.

Questo non significa che un cristiano non possa peccare, ma ti posso dire questo: la persona più infelice del mondo è un cristiano che sta peccando. Il cristiano non può davvero godersi il peccato perché sa che è sbagliato. Sa cosa ha fatto Gesù per redimerlo, e conosce il potere corruttivo del peccato nella sua vita.

Se appartieni a Cristo, il tuo desiderio è obbedirgli e camminare in comunione con Lui. Potrebbe significare dover fuggire dalla tentazione il più lontano possibile. Potrebbe significare cantare a squarciagola per distrarti.

Allora, la grazia di Dio ci dà il permesso di peccare? Ecco la risposta: Assolutamente no. Comprendere la grazia di Dio non significa che possiamo peccare quanto vogliamo; significa che non vogliamo peccare affatto.


Conclusione:
Una corretta comprensione della grazia di Dio non giustifica il peccato; ci rende invece il peccato odioso. In verità, non possiamo vivere una vita nel peccato.

 

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